Fu composto da Venanzio Fortunato (530-607) [1]e poi ripreso da San Tommaso d’Aquino, per incarico di papa Urbano IV, per la liturgia della solennità del Corpus Domini, istituita ad Orvieto nel 1264 in seguito al cosiddetto “miracolo di Bolsena” dell’anno precedente.[2].
L’inno, che si rifà al precedente omonimo Pange lingua, composto circa sette secoli prima da Venanzio Fortunato[3][4], ripercorre l’Ultima cena di Cristo; come preghiera di adorazione dell’eucaristia, viene cantato al termine della Messa in Cena Domini il Giovedì Santo, quando il Santissimo Sacramento viene portato in processione all’altare della reposizione, e il giorno del Corpus Domini. È anche l’inno dei primi e secondi Vespri di questa solennità.
In qualsiasi liturgia dedicata, o che si concluda con la Benedizione eucaristica, è uso cantare le ultime due strofe di questo inno, estrapolate come Tantum Ergo Sacramentum.
Testo
Pange, lingua, gloriósi
córporis mystérium,
Sanguinisque pretiosi,
Quem in mundi pretium
Fructus ventris generosi
Rex effudit gentium.
Nobis datus, nobis natus
Ex intacta Virgine,
Et in mundo conversatus,
Sparso verbi semine,
Sui moras incolatus
Miro clausit ordine.
In supremæ nocte cenæ
recumbens cum fratribus,
observata lege plenecibis in legalibus
Cibum turbæ duodenæse dat suis manibus.
Verbum caro, panem verum
verbo carnem efficit:
fitque sanguis Christi merum,
et si sensus deficit,
ad firmandum cor sincerum
sola fides sufficit.
Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui,et antiquum documentum
novo cedat ritui;
præstet fides supplementum
sensuum defectui.
Genitori Genitoquelaus et iubilatio,
salus, honor, virtus quoquesit et benedictio;
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio.Amen.