di don Minutella, 7 marzo 2021
Sempre più assistiamo ai tentativi, forse già andati in porto, di un’alleanza trasversale, come più volte abbiamo denunciato da questa pagina, tra l’ala bergoglian-progressista e l’ala tradizional-salottier-sedevacantista. Alcune figure di sacerdoti sedevacantisti, negli anni scorsi tenuti all’angolo, sono oggi corteggiate da ogni parte e ascoltate ovunque.
Cresce l’audience intorno a taluni opinionisti laici, alcuni dei quali con buone credenziali, altri che si improvvisano conoscitori profondi della vita della Chiesa pur con una militanza sincretista e apostata, che mentre denunciano la situazione disastrosa della Chiesa nel corso bergogliano, con molta facilità vi aggiungono Benedetto XVI come coautore del disastro.
Il risultato è il sedevacantismo più radicale, tanto da far dire a qualcuno (ho deciso di non nominarli come loro fanno con me, chi può capisca di chi parlo) che è meglio in questo momento rimanere uniti nella difesa della fede comune, perché la questione su chi sia veramente il papa è insolubile e, casomai, se ne devono occupare i canonisti i quali, a quanto pare, non si sono ancora accorti, dopo otto anni, che non possono esistere due papi, che il papa emerito è un’invenzione la più ridicola della storia della Chiesa, che ce n’è uno che si spaccia per papa e sta demolendo l’identità cattolica, andando in giro a predicare la fratellanza universale, e un altro che ha fatto finto di dimettersi ma non ha consegnato il munus petrino.
L’alleanza è in vista del prossimo Conclave, dunque è strategica.
L’ala riformista e progressista, mette avanti presuli del dialogo, come per esempio Matteo Zuppi di Bologna, per intermediare con la promessa di un Conclave prossimo, più attento alle esigenze della Tradizione e meno spinto in avanti.
L’ala tradizionalista, che monsignor Viganò sta riuscendo a ricompattare a distanza, coinvolgendo ora anche l’arcipelago sedevacantista, si lascia ammaliare da questa promessa (falsa anch’essa!) di un dialogo in vista del prossimo Conclave. E tutto procede come se, nel frattempo, la quaestio magna di una diarchia petrina fosse la cosa più normale di questo mondo.
Così, nell’avanzamento interlocutorio delle due ali estreme, noi, che ci ostiniamo a gridare al mondo che c’è un solo papa, e che si chiama Benedetto XVI, che non ha consegnato il munus, come richiesto dal canone 332 § 2, e dunque non ha dato vere dimissioni, che è là, vestito bianco, e che non dice apertamente che il vero papa è Francesco, noi, dunque, siamo trattati da entrambe le parti come criminali.
Se l’ala riformista bergogliana, autrice di un golpe senza precedenti, che è alleata dei poteri forti del mondo, ci ha perseguitato in passato in modo del tutto clamoroso (autentiche retate mediatiche per squalificarci), l’ala tradizionalista sta facendo molto peggio. Ci tratta infatti come fossimo indegni dell’identità cattolica, si rifiutano di dialogare con noi sulle questioni probanti, puntano il dito contro bollandoci come seminatori di odio e attentatori della comunione ecclesiale. La loro prospettiva resta penosa: chiamano Bergoglio “il signor Bergoglio”, fanno loro le tesi che io ho pagato personalmente con due scomuniche avendone parlato per primo e apertamente (mafia di San Gallo, dimissioni invalide, complotto contro Ratzinger) senza mani nominarmi, e poi glissano del tutto su Benedetto XVI, accusandolo incredibilmente di connivenza con la crisi attuale, di modernismo, di disinteresse personale.
Così, di fatto, si delinea un progetto chiaro: attendere la fine dell’era bergogliana, per costruire un dialogo tra le parti, dove possibile, in vista dell’elezione di un papa moderato, diversamente sarà scisma. Si tratta di pensieri umani, non benedetti da Dio.
Il papa è e resta Benedetto XVI. Ogni altra prospettiva è maledetta come il fico sterile.
Perché PPBXVI tace?
Perché obbedisce a Dio. Questo è ciò che dobbiamo ripeterci con forza. Benedetto XVI, il nostro amato papa, tace perché Dio gli chiede questo.
E così lui obbedisce al cielo. Altri devono combattere, e parlare. E c’è chi lo sta facendo, pagando in prima persona. Sembra che nelle redazioni che contano e nei social, il nome di don Minutella sia da scongiurare a tutti i costi, e lo credo, in un sistema di menzogne, chi dice la verità deve essere fatto fuori.
(La prospettiva biblica)
Nel libro dell’Esodo è narrata la battaglia contro Amalek, metafora di satana. Si legge:
“Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada” (Es 17,10-13).
Non abbiamo dubbi, mentre combattiamo, sappiamo che Benedetto XVI, come Mosè, rimane in preghiera, e tacendo, ci sostiene con la sua benedizione. Egli stesso, nell’Angelus prima di consegnare il trono al falso papa, aveva detto di essere proprio come Mosè. La sua preghiera, il suo silenzio obbediente a Dio, la sua benedizione sostengono la nostra battaglia.
Don Minutella