di Benedettoxvi Il frate minore alvergnate Giovanni di Rupescissa trascorse quasi metà della propria esistenza in prigionia, prima in carceri conventuali (1344-1349), poi in una prigione papale di Avignone, dal 1349 alla morte, avvenuta nella prima metà del 1366. In verità, non è del tutto chiaro per quali imputazioni sia stato detenuto così a lungo. Nei lunghi anni di galera acquisì una conoscenza vastissima di testi profetici e apocalittici, di vaticini, oracoli e sibille, che trascrisse parola per parola (per parecchi testi rappresenta per noi un testimone privilegiato, talvolta l’unico), sforzandosi di riportarli entro un orizzonte di attese per quanto possibile coerente e unitario. Tra la primavera e l’estate del 1356 raccolse il frutto del suo lavoro nel monumentale Liber ostensor quod adesse festinant tempora. A quell’opera, rimasta praticamente priva di diffusione, fece seguire, pochi mesi dopo, un abregé, il Vade mecum in tribulatione, che elenca in venti punti le tribolazioni imminenti e finali, quasi a fornire uno strumento per chi le voglia riconoscere in anticipo e trovarne scampo. Il testo ebbe notevole circolazione, sia nella versione originale latina, pubblicata a stampa una sola volta prima di ora da Edward Brown nel 1690 ; sia nei volgarizzamenti prodotti nei decenni successivi, in francese, inglese, tedesco, fiorentino, ceco, catalano, castigliano e aljamiado, aragonese scritto in caratteri arabi.Benché lo scritto sia breve, l’edizione critica che viene presentata qui oggi ha richiesto un impegno notevole da parte della curatrice, Elena Tealdi, che a questo lavoro ha atteso per parecchi anni (una prima edizione provvisoria fu prodotta nel 2012 per il suo dottorato di ricerca). Ad essa seguirà il prossimo anno la pubblicazione in un unico volume di tutti i volgarizzamenti, per cura ovviamente di diversi specialisti, nella collana di cui questa ricerca rappresenta la n.1.Il titolo che abbiamo dato all’incontro rinvia ad alcuni temi fondamentali fra i numerosi affrontati nell’opera : la venuta dell’Anticristo (in verità due anticristi, per Rupescissa : l’occidentale e l’orientale), l’avvento quasi contemporaneo del pastore angelico, figura di asceta mandato per operare una riforma profonda della chiesa e del mondo d’intesa con il sovrano messianico, e infine l’instaurazione del millennio finale di pace sulla terra.L’ambiguità della figura di Rupescissa – carcerato nella Avignone papale, ma di lì in contatto con alti ecclesiastici, come indica anche la dedica della sua opera più imponente al cardinale Talleyrand de Périgord, protettore dell’ordine dei frati minori – è in fondo anche l’ambiguità del suo messaggio profetico, che da un lato invoca la riforma della Chiesa, preconizza l’insorgere della “iustitia popularis” e preannuncia l’instaurazione del regno futuro della libertà e della pace ; dall’altro, immette sulla scena del cambiamento soggetti destinati, nei secoli successivi, a fare parte più dell’arsenale immaginario dell’Ancien Régime che di quello dei rivoluzionari dei tempi moderni.Proprio la celebrazione del pastore angelico è in questo senso emblematica: una dottrina in origine eversiva, che però si prestava a finalità apologetiche e celebrative del papato in quanto istituzione salvifica. Mentre denunciava dal carcere avignonese la corruzione della Chiesa, Giovanni propagandava fiducioso la ripresa del papato, grazie a un pontefice cui rivendicava una funzione limpidamente messianica. Proprio qui si intravede un motivo di interesse storico e dottrinale : Rupescissa allestisce un patrimonio di retoriche e di figure destinate a innervare il linguaggio e la propaganda profetico-politici dei secoli successivi. Si parte di qui, e attraverso complicati passaggi – di cui certo non possiamo rendere responsabile lui – si giunge al messianismo di T. Campanella e all’antimessianismo di quei circoli statunitensi, che dal secolo scorso fino ad oggi si nutrono dell’attesa dell’Anticristo e lo scorgono venire dall’Oriente – prima dall’Oriente sovietico, negli ultimi decenni dal Medio Oriente.I venti punti di Rupescissa hanno certo esaurito per noi la funzione di segnavia riconosciuta loro fra Medioevo e prima Età moderna. Resta tuttavia, di quel messaggio apocalittico (come in fondo di ogni messaggio apocalittico, e forse di ogni teologia della storia che pretenda di stabilire tempi e momenti), la suggestione di individuare un filo, di dare un ordine al disordine degli eventi, e il permanente invito a tenere gli occhi sempre ben aperti, vigilando sui segni dei tempi.Questo volume è il frutto di un lavoro editoriale che Elena Tealdi ha condotto a termine grazie alla competenza via via acquisita, alla tenacia e fiducia in se stessa e in coloro che l’hanno sostenuta, accompagnandola, incalzandola, fornendole fino all’ultimo indicazioni e suggerimenti (forse alla fine non ne avrebbe voluti più …). Omnia autem probate, quod bonum est tenete. L’editrice ha fatto sua l’espressione paolina, con la sua inossidabile disponibilità a comprendere, migliorare, correggere, guadagnandosi così una rete di rapporti scientifici e di collaborazioni amichevoli che si è rafforzata nel corso del tempo. Tra questi, Christine Morerod e Robert E. Lerner.Formatasi all’Università di Losanna, Christine Morerod, docente di Latino fondamentale all’Università di Neuchatel, è la editrice par excellence di Giovanni di Rupescissa. Si deve a lei, in collaborazione con Robert E. Lerner, l’edizione critica del testo che nell’ultimo ventennio ha segnato la ripresa dell’interesse per il profeta imprigionato, il Liber secretorum eventuum. Successivamente ha contribuito in maniera, credo, decisiva a condurre in porto l’edizione del Liber ostensor, intrapresa a suo tempo da Jeanne Bignami-Odier e condotta avanti da André Vauchez con numerosi altri collaboratori. Attualmente sta completando, con Sylvain Piron, l’edizione del Sexdequiloquium, un’opera il cui unico testimone manoscritto è stato rocambolescamente ritrovato solo qualche anno fa in una casa privata francese, in un armadio di famiglia proveniente dall’eredità di un medico lorenese collezionista di libri antichi.Robert E. Lerner è emerito di Storia medievale presso la Northwestern University di Evanston. Fellow dell’Institut for Advanced Study di Princeton, dell’American Academy di Roma e dell’Historisches Kolleg di Monaco di Baviera e di numerose altre istituzioni e fondazioni, insignito di diversi premi per le sue ricerche, fra cui quello della Max-Planck Gesellschaft, è stato professore ospite presso l’Ecole des hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi.È tra i massimi studiosi di dissenso religioso e sociale, di eretici e inquisitori, di profetismo e apocalitticismo medievali. Ricordo qui, fra i lavori più importanti, il volume del 1972 (nuova edizione 1991) sull’eresia del Libero Spirito ; gli studi sulle tradizioni escatologiche medievali; su Gioacchino da Fiore e sulle linee variamente ricollegabili al suo magistero profetico; su biografie e dottrine di mistici e mistiche condannati come eterodossi ; su una linea da lui individuata di cristiani controcorrente, che nel Medioevo guardarono con simpatia agli ebrei, attribuendo loro un ruolo positivo e persino salvifico negli eventi finali (fra questi lo stesso Rupescissa del Liber secretorum eventuum). Tre suoi volumi sono stati tradotti in italiano. Si è inoltre occupato di intellettuali tedeschi della prima metà del ‘900. Tra i curatori dell’edizione degli epistolari di Ernst Kantorowicz, ha dedicato gli ultimi anni alla preparazione di una sua biografia intellettuale, la cui pubblicazione è ormai imminente.I suoi interessi si volgono prevalentemente verso intellettuali e movimenti che si sforzarono di camminare eretti, tenendo ferme le proprie convinzioni, tenacemente e sino alla fine, per quanto avversati, colpiti, condannati nelle loro persone e nei loro scritti dalle gerarchie, in primo luogo ecclesiastiche. Per lui, se capisco bene, non si tratta solo di rendere omaggio al mondo dei vinti, che si tratti del Libero Spirito, di spirituali e di fraticelli, di M. Porete o M. Eckhart. Con le sue ricerche, Lerner mette in luce la preistoria medievale di concezioni fondamentali nate e affermatesi nell’Occidente moderno – le idee di libertà e di progresso verso una condizione futura di libertà e di pace terrene – e con ciò da un lato dà voce, per così dire, a un Medioevo moderno (in opposizione al vecchio ma perdurante schema del Medioevo antimoderno), dall’altro esalta il significato di soggetti e vettori spesso trascurati o minimizzati da chi tende a ridurre la storia del cristianesimo a storia istituzionale e a decisioni di vertici.Fedele al modello di intellettuale delineato da M. Weber, nell’approssimarsi ai mondi carsici che disseppellisce, rifugge dall’atteggiarsi a “profeta della cattedra”. Presupposto del suo lavoro è lo scavo delle fonti, compiuto a partire da una ricerca accurata dei manoscritti (oggi, che si lavora all’ingrosso e in fretta, qualcuno penserà che la sua sia pignoleria). Basti dire che dei quarantasei manoscritti cui si riferisce l’edizione critica del Vade Mecum in Tribulatione, tredici li ha segnalati lui a Elena Tealdi in una fase molto precoce del lavoro di edizione.Parecchi dei presenti lo conoscono da anni, alcuni da decenni. In questa sala sono rappresentate almeno due generazioni, forse tre, di studiosi cui ha indicato la rotta. Anche per questo esprimo la nostra gratitudine nell’averlo ospite stasera qui all’Università cattolica.FONTE Le profezie che qui riportiamo sono attribuibili con certezza al Beato Bernardino de’ Bustis, mistico e teologo vissuto in Italia fra il XV e il XVI secolo. Tali profezie figuravano originariamente, in latino, nel libro “Rosarium Sermonum predicabilium“, scritto dallo stesso Bernardino e pubblicato da Rynmann nel 1513. Il testo in italiano che qui proponiamo è costituito da alcuni brani di una traduzione del XIX secolo di questo libro; tale testo in alcune parti è stato da noi adattato all’italiano moderno per rendere più intelligibili i termini antichi e desueti che altrimenti risulterebbero di difficile comprensione.Un certo potentissimo re del cristianesimo, che sorgerà vicino al tempo dell’Anticristo, verrà in conflitto contro la Chiesa Romana, ed a questa cagionerà molte tribolazioni, ed in quel tempo vi sarà uno scisma nella Chiesa di Dio nella elezione del Papa, perché se ne creeranno parecchi: tra i quali ve ne sarà uno che verrà eletto per opera del predetto re, ma non sarà vero Papa, perseguiterà anzi il vero Papa e quelli che ubbidiranno a lui, e molti presteranno ubbidienza più all’antipapa che non al vero pontefice; ma da ultimo finirà male tale falso Papa e il vero Papa rimarrà incontestato Pontefice…La Chiesa Romana verrà ugualmente liberata dalle mani di questo re grazie al braccio ed al potere d’un altro re cristianissimo, che verrà in soccorso della stessa Chiesa Romana; così che sebbene tale buon re venga preso dall’esercito del re predetto e incarcerato da questo re cattivo, tuttavia per l’aiuto di Maria Vergine SS. verrà liberato, ed in ultimo dopo molti pericoli e travagli riporterà la vittoria.Il Papa angelico, che allora siederà, incoronerà con la corona imperiale quel re, ed entrambi insieme riformeranno la Chiesa di Cristo nello stato di evangelica povertà, erigendo dodici colonne, cioè cardinali predicatori della povertà, e perfettissimi uomini che osserveranno la vita evangelica, e la predicheranno agli altri, e nel tempo di questo re ed imperatore verrà l’Anticristo”. “[…] prima della venuta dell’Anticristo occuperanno la sede Romana iniqui pontefici, vale a dire antipapi, eletti non per inspirazione dello Spirito Santo; e dopo tali tribolazioni insorgerà quel nuovo Sommo Pontefice chiamato Angelico, il quale dagli angeli verrà custodito, ed il nuovo imperatore nel temporale del mondo, i quali insieme sederanno tutte le turbolenze sino alla venuta dell’ultimo Anticristo che riceverà la monarchia di tutto il mondo”. “Un certo re verrà a Roma, e riceverà dal vero Sommo Pontefice la corona non d’oro, ma di spine, con cui vorrà essere incoronato per la riverenza a Cristo cinto della corona di spine [questa particolare incoronazione viene confermata anche nelle profezie riportate da Rusticiano e attribuite a San Vincenzo Ferrer; N.d.R.] . Questo re riconquisterà la Terra Santa, e da ultimo deporrà la corona del suo impero sul Sepolcro del Signore…Le tribolazioni della Chiesa che verranno nel tempo prossimo dell’Anticristo, saranno simili a quella tribolazione che fu al tempo dei Macabei […]”. “Verso la fine del mondo verrà un altro ordine che porterà un sacco per vestimento, il quale Ordine durerà così poco come il tempo dell’Anticristo, cioè comincerà nell’anno in cui nascerà l’Anticristo; tuttavia non si dilaterà molto, né molti prenderanno l’abito suo se non nei tre ultimi anni e mezzo nei quali compariranno Enoc ed Elia, che predicheranno contro l’Anticristo coperti di sacco”. “Nel tempo in cui l’Anticristo avrà circa vent’anni di età, la maggior parte del mondo avrà perso la fede”. |