Radio Domina Nostra, Di don Minutella, 23 gennaio 2021.
Sempre più, nei dibattiti sui social, emerge la compattezza del mondo sedevacantista che è ormai trasversalmente alleato e che offre, come soluzione inverosimile alla crisi profonda in cui è precipitata la Chiesa, l’idea che la sede di Pietro sia vuota dai tempi di Giovanni XXIII, in ragione dell’onta modernista, e che l’ultimo papa a salvarsi dalla stretta delle loro argomentazioni (forse appena in tempo) è Pio XII. È una posizione inverosimile, anzitutto perché, in questo modo, la Chiesa sarebbe priva del papa da più di cinquant’anni, e poi perché è un percorso ad imbuto, nel senso che la soluzione che essi si attendono è quella di un intervento diretto di Dio, senza la collaborazione umana, rasentando così le aspettative millenariste. Una domanda imbarazzante alla quale nessun sedevacantista è in grado di rispondere è la seguente: quanto dovrà durare, dunque, la sede vacante? Quello sedevacantista è un modo spiccio, sbrigativo, sebbene rivestito di eleganza concettuale, che serve non a risolvere la crisi della Chiesa, ma ad acuirla.Generalmente il mondo sedevacantista è caratterizzato da una certa cupa e angosciosa maniera di rapportarsi. I più insigni rappresentanti di tale galassia sono sempre seriosi e non riescono ad accennare mai ad un sorriso, fermi nella loro convinzione, paladini di una lettura inverosimile, perciò poco disponibili ad un vero confronto, e generalmente col piglio del pensiero aristocratico. Si intravede abbastanza chiaramente in essi la supponenza ideologica. Può sembrare un dettaglio banale e invece è la chiave di lettura. Il loro disappunto nei confronti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che rasenta sovente il disprezzo, è l’esito da cui noi ci dissociamo. Le recenti esternazioni di monsignor Viganò – il cui pensiero, per quanto mi riguarda, rimane ancora non del tutto chiaro – sembrano rincuorare i sedevacantisti, nel senso che il presule pare prestare il fianco all’idea che la Chiesa sia priva del papa dal tempo del Concilio Vaticano II. Un dato di fatto è che Viganò non cita mai Benedetto XVI. Sembra che egli condivida sempre di più l’idea che i papi del post Concilio siano invalidi.L’arcipelago tradizionalista si sta sempre più rivelando. Togliendo la maschera ipocrita (del non detto ma del pensato), e incoraggiato dalle esternazioni di Viganò, mostra di gradire la deriva sedevacantista, con un liberatorio j’accuse nei confronti di Wojtyla e Ratzinger, entrambi considerati modernisti. La panacea, cioè il rimedio per tutti i mali della Chiesa, è di condannare interamente il Concilio Vaticano II, e voltare pagina. Così i contestatori legittimi delle aporie conciliari – come per primo le ha sottolineate monsignor Lefebvre – si trovano a proprio agio con quanti, indipendentemente dalla questione sul Concilio, che per essi non è neppure esistito, dichiarano la sede petrina vacante da più di cinquant’anni. È piuttosto singolare, nel frattempo, la posizione del mondo lefebvriano che, mentre condivide la critica al Concilio, riconosce però tutti i papi postconciliari, persino lo stesso Bergoglio.La posizione giusta e legittima è che il Concilio va corretto, non eliminato, poiché Giovanni XXIII è stato un papa valido e l’assise conciliare, pur nelle infiltrazioni massoniche, rimane un avvenimento ecclesiale ineludibile. D’altra parte, non è il sospetto dei sedevacantisti – per quanto si può comprendere il loro impegno a combattere le derive moderniste – a stabilire la validità dei papi. Si può approdare a tesi persino estreme e difficili da comprendere, come quella di Cassiciacum che approda al cosiddetto sedeprivazionismo. Secondo questa tesi, la sede di Pietro è vacante a partire dal 7 dicembre 1965, a seguito dell’approvazione della Dichiarazione Conciliare Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa, documento assertore di una dottrina già solennemente condannata in passato dal Magistero della Chiesa. Dal 1965 si ritiene quindi che la cattedra di San Pietro sia occupata solo materialmente dagli eletti dei Conclavi convocati. Le persone elette dai Conclavi sarebbero rimaste solo in potenza “papi”, in quanto soggetti umani meramente designati al papato, e quindi, propriamente e in senso stretto, non papi. Si tratta di posizioni estremiste e complesse, che non rendono ragione della limpidezza del vangelo e della promessa di Gesù che avrebbe assistito la sua Chiesa.Noi prendiamo le distanze da queste che ci appaiono sempre di più tesi inaccettabili. È un dato incontestabile che monsignor Lefebvre gettò fuori dalla Fraternità San Pio X le derive sedevacantiste, lui che fu il primo profeta delle derive moderniste. Noi riconosciamo come validi i papi fino a Benedetto XVI. E’ vero, i papi del post Concilio hanno compiuto degli errori, non tuttavia in modo manifesto e costante e neppure intenzionale come Bergoglio. Le interferenze moderniste nei pontificati postconciliari vanno interpretate alla luce di Fatima, laddove la Santa Vergine annunciava a suor Lucia che, non prestando ascolto ai suoi materni appelli, la gerarchia cattolica, anche quella suprema, avrebbe conosciuto lo smarrimento e la confusione, e ciò prima dell’avvento della falsa chiesa.Noi lottiamo piuttosto per portare in luce i molteplici indizi per i quali il cardinale Bergoglio non è papa. È questo il vero fronte dove appostarsi. La battaglia in difesa del sano magistero ci appartiene, e certo non saranno i sospetti dei pensatori tradizionalisti e sedevacantisti nei nostri confronti a impensierirci. È il 13 marzo 2013 il vero avvio della stagione dell’impostura, quello cioè dell’elezione di un falso papa, mentre è ancora regnante Benedetto XVI. Certo, il 1962-65 ha avviato il tempo delle grandi prove. Ma è dal 2013 che assistiamo non al sedevacantismo (poiché Benedetto XVI è ancora il papa), ma alla presa di possesso, da parte di satana, del trono petrino e all’avvio ufficiale di una falsa chiesa. È con lo sguardo soprannaturale, e non semplicemente con l’approccio simil-ideologico dei sedevacantisti, che occorre interpretare la crisi attuale della Chiesa. La nostra posizione resta chiara, limpida, e rende ragione – rispetto alla nebulosità aristocratica del sedevacantismo – del terzo segreto di Fatima e delle varie profezie. Padre Pio ha riconosciuto i papi del post Concilio, ma è una questione sottaciuta dai maestri del pensiero sedevacantista. Lo stesso padre Pio ha potuto dire ad un giovane don Amorth: “sai, Gabriele? È Satana che si è introdotto nel seno della Chiesa e, in poco tempo, verrà a governare una falsa Chiesa”. Questa profezia sconfessa il sedevacantismo, poiché è stata pronunciata nel 1960, quando Giovanni XXIII era già regnante. Padre Pio non avrebbe mai prestato obbedienza ad un papa falso. Ci sono questi modernisti che rischiano di considerare anche padre Pio un innovatore conciliare. Il sedevacantismo è destinato all’autoconsunzione. Il cattolicesimo autentico è quello che, consapevole delle correnti moderniste, dovute a diversi errori posti dai documenti del Concilio, e soprattutto ad un’interpretazione di essi, sotto la regia di Karl Rahner, riconosce gli sforzi compiuti dai papi recenti per arginare l’eresia, e lotta perché, rimanendo legati a Benedetto XVI, papa regnante, la Chiesa ne esca presto fuori, liberando il trono di Pietro che non è vacante, ma occupato invalidamente.Ciò è soprattutto compito della Santa Vergine, che a Fatima ha promesso la vittoria del suo Cuore Immacolato.
Don Minutella